Riforma fiscale e cedolare secca
- Maria Chiara Sabato
- 9 lug 2022
- Tempo di lettura: 1 min
Il mondo immobiliare è in fermento per la riforma fiscale. L’ipotesi in esame al Parlamento è di coinvolgere nella riforma anche i redditi derivati dall’affitto di immobili per uso abitativo e in particolare la cedolare secca.

La cedolare secca è una tassa che i proprietari di immobili pagano per la locazione a scopo abitativo in alternativa all’aliquota Irpef. La cedolare secca, introdotta in Italia con una legge del 2011, prevede un regime fiscale agevolato slegato dal reddito complessivo.
Un proprietario che affitta la sua casa con la cedolare secca, verserà al fisco il 21% del canone di locazione, nel caso di canone libero. Se invece il proprietario poi sceglierà di affittare con il canone concordato grazie alla cedolare secca pagherà di tasse solo il 10% del canone. Possono accedere al canone concordato solo i proprietari che si trovano nei comuni con carenza di alloggi o un alto numero di abitanti.
Se nella riforma fiscale rientreranno anche le aliquote della cedolare secca, i proprietari di case affittate potrebbero pagare molte più tasse, fino ad arrivare al 23%.
Come ha osservato Il Corriere della Sera, le maggiori spese dei proprietari potrebbero trasformarsi in un aumento degli affitti e quindi in una maggiore spesa per gli inquilini.









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